Cinque Quotidiano/ Michele Azzola: “Nel Lazio gli occupati sono il 50%, a livello della Grecia”

© Marco Merlini

Nel modo di fare politica oggi, al tempo degli annunci enfatizzati sui social network, è sempre difficile distinguere la realtà dalla propaganda soprattutto quando si tratta di economia ed occupazione. Eppure pare che anche a livello della nostra regione le prospettive non siano poi così floride come vorrebbero farci apparire i comunicati stampa e i post su Facebook.

Per avere un quadro realistico della situazione ci siamo rivolti al sindacato, le cui analisi spesso coincidono con le stime e le statistiche dell’ufficio studi di Confindustria, per avere le idee più chiare e in questo caso con il segretario della Cgil di Roma e del Lazio Michele Azzola, che non pare poi così ottimista.

Ora, la vulgata dell’amministrazione Zingaretti sostiene che nel Lazio vadano aumentando progressivamente le aziende. “Certo – ci dice Azzola – crescono nel numero, ma non nella qualità e spesso sono aziende di ‘necessità’ che nascono da partite Iva di soggetti che il lavoro hanno perso o non l’hanno. Aziende destinate a chiudere entro al massimo due anni, mentre quelle vere scappano dai nostri territori ed in particolare da Roma, si vedano gli ultimi esempi della fuga a Milano di Sky, Tg 5 senza contare le società che delocalizzano altrove. Inoltre quelle che nascono, soprattutto nei servizi, non producono valore aggiunto che, con tutto il rispetto, non viene certo garantito dalle start up spesso di modestissime dimensioni, nonostante qualche robusto finanziamento pubblico”.

Ovviamente questa situazione è lo specchio di un obiettivo calo della occupazione che non viene certo riassorbita dal trucco delle partite Iva beneficiate dai favori fiscali della più recente normativa perché, ci dice Azzola “ l’occupazione cala e se le statistiche (che sono un po’ come il celebre pollo, ndr) parlano di occupazione in aumento anche nel Lazio, non dicono che si tratta di mansioni dequalificate, ma soprattutto precarie e che talvolta durano solo da uno a trenta giorni.”

Insomma, dilaga il precariato e aumenta la cassa integrazione anche speciale che comunque ha un tempo limitato.

Il risultato finale è che il Lazio registra un tasso di occupazione reale del 50% che “ mette la nostra regione ai livelli di altri paesi mediterranei della UE quali la Grecia”.

Insomma c’è poco da esultare e non pare che i livelli di concertazione con le forze sociali ed i sindacati marcino alla grande perché, prosegue Azzola “ un conto è aprire tavoli, un’altro trovare soluzioni che non si vedono”.

Qui nel Lazio poi ci sono punti di crisi irrisolti come a Cassino dove FCA “nonostante le nostre pressioni non è riuscita a riconvertirsi e continua a produrre motori diesel che hanno ben poco futuro e senza una strategia sul futuro ‘elettrico’, una situazione che sta penalizzando anche le aziende dell’indotto”.

Altro esempio è quello della riconversione a gas dell’impianto Enel di Civitavecchia che passerà dai mille dipendenti attuali ai 250.

Con tutta una serie dilatate di situazioni critiche che inducono Azzola a credere che nel sud del Lazio ed in particolare nel Frusinate, a breve, ci troveremo ad affrontare una vera e propria emergenza occupazionale e quindi sociale.

Ma il fulcro, il nodo dello sviluppo, rimane pur sempre Roma che rappresenta in tutti sensi i due terzi dell’intera regione. Qui navigano verso un futuro incerto i 30.000 dipendenti delle municipalizzate.

Per Azzola Atac (in concordato giudiziale) ma anche Ama non hanno un grande futuro . “Non abbiamo ancora visto un piano industriale serio anche in termini di produttività del personale perché nella sostanza manca una vision di grandi municipalizzate efficienti come al nord che possano partecipare ai futuri bandi europei vincendo le gare, ma soprattutto convincendo sulle loro strategie. Il rischio è che davvero si presentito competitors esteri con le carte per vincere le gare europee .”

Le sorti di Ama sono invece legate al nuovo piano regionale dei rifiuti che andrà in discussione alla Pisana.

“Sia chiaro – prosegue Azzola- che noi siamo per gli impianti e una politica industriale che chiuda il ciclo dei rifiuti. Questo significa compostaggio, Tmb e anche termovalorizzatori, ma anche aziende che utilizzino i materiali differenziati sul territorio anziché esportarli ad aziende del nord”.

Per ora, ci dice, prevalgono fra Comune e Regione scelte ideologiche perché “sarà pur vero che il bruciatore di Colleferro era obsoleto, ma chiuderlo senza alternativa è stato un errore”.

D’altra perte l”’industria dell’ecologia è il futuro anche se non è sempre facile mantenere i livelli occupazionali e difendere l’ambiente”.

In un contesto così complicato Azzola è convinto che la concertazione fra le parti sociali e governi locali e nazionali sia oggi più apparente che reale, mentre nell’ultimo anno il processo di unità sindacale con Cisl e Uil si è consolidato. Una unità di intenti e obiettivi che lascia presagire sui temi del lavoro e dello sviluppo un autunno caldo, ma davvero caldo.

31 luglio 2019

di Giuliano Longo (Cinque Quotidiano)